La Casa del Quartiere Villa Ester: realtà eterogenee che si incontrano

La testimonianza di Giulia Trapassi

Di Villa Ester, che ho conosciuto nel 2019 durante l’inaugurazione, ricordavo principalmente il grande terrazzo affacciato sui tetti dell'Oltretorrente, le stanze colorate, tanti libri e l'aula verde al secondo piano, luogo di ritrovo per eventi formativi ai quali ho partecipato; ho sempre saputo fosse lì, nel “mio” quartiere, ma non ho mai approfondito il mondo di aggregazione, crescita e intrattenimento culturale che vi si sviluppa dentro.

Ho iniziato il mio lavoro nelle cra di asp 12 anni fa ed ora ho avuto la necessità di limitare la mia attività in struttura, così ho accettato volentieri l’opportunità di esplorare questa nuova realtà territoriale in un fondamentale servizio di supporto e orientamento alle famiglie e ai caregiver presso lo sportello Clissa, proprio al piano terra di Villa Ester dove ho imparato che lo sportello non si occupa ‘soltanto’ della ricerca dell’assistente famigliare adeguato alla specifica situazione ma, in stretta collaborazione con rete dei servizi sociali e territoriali, dà vita ad un progetto assistenziale ponendo la persona e la sua famiglia al centro attraverso una prima valutazione dei bisogni, rilevati con un colloquio domiciliare o presso lo sportello e monitorando ciclicamente il progetto avviato così da supportare in modo concreto ed efficace la persona non autosufficiente e la sua famiglia.

Oltre allo sportello Clissa, l’esperienza a Villa Ester mi ha permesso di conoscere più a fondo la casa del quartiere (con orgoglio la prima ed unica per ora a Parma), dove ho scoperto un fitto calendario in costante sviluppo fatto di associazioni, volontari, attività sociali, momenti ricreativi e culturali per i cittadini: non un centro per stranieri o ragazzi, né un luogo di ritrovo per anziani soli o con alzheimer, o meglio tutto questo e molto di piu, un luogo vivo per persone che vogliono viverlo; ogni giorno, si incrociano al piano terra, anziani, ragazzi dei gruppi scuola, ragazzi del centro Pasubio per il centro estivo, assistenti familiari in cerca di lavoro o familiari in cerca di un’assistente o di un consiglio, madri e famiglie straniere con difficoltà nella burocrazia italiana che cercano un aiuto dai volontari del punto di comunità che le guidano nell’iscrizione dei figli presso le scuole comunali o “semplicemente” per l’attivazione dello spid, ed è proprio questo il concetto che più mi ha colpito, l’immagine metaforica della casa del quartiere come un contenitore di opportunità nel quale si fondono e si scambiano tra loro realtà eterogenee per età, necessità o condizione sociale, il tutto perfettamente fuso ed inserito nella quotidianità di quartiere con l’unico scopo di contrastare le disuguaglianze e creare un ponte di rapporti umani e solidarietà.

Ho riflettuto su quanto, nonostante si tratti della stessa azienda per la quale lavoro da anni, questo ambiente mi fosse poco conosciuto ed è per questo che condivido la mia esperienza, proprio per incentivare cogliendo al volo le iniziative che la direzione sta condividendo, i colleghi a percepire maggiormente questo mondo anche loro; la sua posizione centrale in città la rende facilmente raggiungibile da tutte le altre sedi di asp, (per di più in modo ecologico) sia per formazioni trasversali o incontri, sia per attività culturali e ricreative offerte dalle tante associazioni di volontari che collaborano con la casa del quartiere come ad esempio Esteraps:

A questo proposito, sono tante le opportunità create e sviluppate negli anni all’interno della struttura e messe a disposizione dei cittadini, una su tutte, l’originale idea di una biblioteca di oggetti ‘Si Chiama Pietro’, cioè uno spazio in cui sono presenti e catalogati oggetti di ogni tipo e per ogni necessità condivisi da persone che non ne avevano bisogno disponibili al prestito per chiunque ne necessiti, esattamente come in una biblioteca classica. Oppure, sempre sul concetto di riuso e riciclo l’utilissimo swap party, un momento di scambio di vestiti ed accessori per bambini e famiglie (in questa ‘edizione’ 0-3 anni) completamente gratuito, durante il quale è possibile donare ciò che non serve più e prendere invece ciò di cui si ha bisogno.

Sono davvero tante le associazioni e le iniziative presenti e tante altre possono prendere vita, penso che un’esperienza di questo genere sia di ispirazione e crescita per tutti i miei colleghi specialmente in un momento storico in cui anche il PNRR punta in modo chiaro, attraverso la riforma dell’assistenza territoriale, a definire un nuovo modello organizzativo del SSN che possa mirare ad una sanità più vicina alle persone (anche dando grande valore all’incremento della presa in carico domiciliare) e al superamento delle disuguaglianze.

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