Storia di vita

Abbiamo incontrato due donne, fuggite dalla guerra in Ucraina, con i loro bambini.

Questa storia di vita, più lunga del solito data la delicatezza dell’argomento trattato, non riguarderà una dipendente in senso stretto, ma il suo coinvolgimento nell’accoglienza di persone fuggite dall’Ucraina per la situazione che tutti conosciamo.

La dipendente in questione, Mariya, da circa un mese ospita due famiglie composte da Kateryna, Cristina e i loro bambini, nell’attesa che possano ricevere una sistemazione non improvvisata.

Abbiamo parlato con le due donne grazie alla traduzione di Mariya, di origine ucraina.

Ci hanno raccontato la loro vita prima dello scoppio della guerra: le due donne, laureande in logopedia, erano rispettivamente maestra d’asilo e preside di una scuola, mentre i loro mariti, rimasti in Ucraina a combattere al fronte, erano ingegneri energetici.

Finché, appunto non è scoppiata una guerra che ha colto alla sprovvista il mondo intero e loro in particolare, in quanto vissuta in prima persona, secondo le loro stesse parole: <non ci aspettavamo che scoppiasse una guerra nel 2022>. A quel punto la loro vita, la loro quotidianità veniva scandita dal suono delle sirene durante il quale erano costretti a rifugiarsi nei sotterranei in attesa che il pericolo rientrasse. I sentiment predominanti in quei momenti erano chiaramente la paura e il panico, accompagnati dal forte senso di disorientamento. Una volta che questo si è andato ad affievolire, ha lasciato spazio ad un senso di responsabilità genitoriale con il quale le due mamme hanno trovato il coraggio di partire da sole con i loro 4 bambini. È stato un viaggio veramente rischioso, in quanto non avevano contatti nella loro destinazione, che per molti ucraini è solo la Polonia. Loro stesse, come si può ben immaginare, descrivono il lasciare la loro casa forzatamente come una tragedia, acuita dal fatto che, seguendo le direttive del governo, non hanno potuto nemmeno portare con loro gli effetti personali per non intasare i mezzi di trasporto e permettere l’ingresso di più persone possibili. Difatti, ci hanno raccontato la situazione critica all’interno dei vagoni, in cui erano ammassate tante persone, secondo le loro stesse parole. Il viaggio per arrivare in Polonia è durato ben tre giorni, successivamente sono stati costretti a dormire nella stazione dei treni, poiché appunto non avevano amici da cui stare né tantomeno conoscevano la lingua.

Dopo una lunga settimana in queste condizioni sono riuscite a riprendere il viaggio alla volta della Germania, sempre via treno, e poi da lì hanno preso il bus per raggiungere l’Italia, precisamente Milano. E’ a questo punto della storia che interviene Mariya, la quale li accoglie nella propria abitazione a Sorbolo. Le due donne aspettano adesso che venga loro garantita una sistemazione, in attesa che questa guerra si concluda, in quanto hanno espresso la ferma e decisa volontà di tornare nelle loro case e ricostruire la loro vita precedente. Per quanto riguarda i contatti con chi è dovuto rimanere in Ucraina, ci hanno riportato che non hanno modo di sapere le condizioni dei mariti impegnati al fronte, mentre invece i genitori anziani sono dovuti rimanere in patria.

Ci sentiamo quindi di ringraziare Mariya per i suoi sforzi anche nell’impegno profuso di recente nella raccolta di beni di prima necessità organizzata da ASP per l’invio in Ucraina. 

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